NOTE A SENTENZA. Cass. Civ. 30 luglio 2018 N. 20061  

CONDIVIDI

Corte Cassazione - foto di Maxsanna

La sentenza ha rimesso all’attenzione delle Sezioni Unite la decisione delle seguenti questioni:

  • natura formale o sostanziale della nullità degli atti di trasferimento di diritti reali su beni immobili: Artt. 17, Co. 1 e 40, Co. 2 della L. N. 47/85 (attualmente art. 46, Co. 1 DPR 380/2001);
  • nozione di irregolarità urbanistica rilevante ai fini della declaratoria della nullità suddetta.

*******

Elementi del caso concreto.

Si discute in ordine alla nullità o meno di un atto di compravendita in quanto è stato accertato che il fabbricato oggetto di trasferimento presentava difformità rispetto al progetto autorizzato.

Nell’atto di compravendita risultano menzionati gli estremi della concessione e la parte venditrice ha  reso le dichiarazioni previste dalla L. N. 47 del 1985 artt. 17/40.

L’interpretazione dei giudici di merito.

Secondo i giudici di merito la nullità non riguarderebbe la regolarità urbanistica sostanziale dell’immobile dedotto in contratto ma la sola violazione dell’obbligo, di natura formale, di indicare nel contratto gli estremi della concessione o della domanda di sanatoria.

Quindi pur in presenza di difformità tra quanto autorizzato e quanto edificato, sotto il profilo sostanziale, il trasferimento resta valido.

La tesi del ricorrente in Cassazione.

La nullità ha natura sostanziale per cui deve essere dichiarata non solo se mancano le dichiarazioni del venditore, ma anche ove in concreto sussista la difformità tra il bene venduto ed il progetto assentito.

In concreto è risultato provato documentalmente:

– la sussistenza di importanti difformità del manufatto rispetto al progetto assentito;

– la falsità della dichiarazione, resa nell’impugnato contratto dalle venditrici attestante l’assenza di modificazioni amministrative rilevanti e non autorizzate effettuate successivamente.

La nullità urbanistica. Orientamenti.

  1. Nullità testuale ex art.1418 c.c. – Interpretazione letterale degli artt. 17 e 40 L. N. 47 del 1985.

Secondo tale primo orientamento (cfr. Cass. Civ. 14025/99 – 8147/00- 5068/01- 5898/04 – 26970/05) l’atto è nullo solo se non contiene la dichiarazione degli estremi della concessione edilizia/sanatoria/condono.

In caso di irregolarità del bene sotto il profilo edilizio-urbanistico (difformità tra realizzato e concessionato), tale situazione rileva solo sul piano dell’adempimento del venditore ma non su quello della validità dell’atto di trasferimento.

Una volta conosciuti gli estremi della concessione, l’acquirente è in grado di controllare la conformità del realizzato alla concessione.

La Cassazione con la sentenza n. 16876/13 ha affermato anche l’irrilevanza della non veridicità della dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante l’inizio dell’opera in data anteriore al 21 settembre 1967.

  1. Nullità virtuale ex art. 1418 c.c. comma 1 – Nullità sostanziale.

Secondo tale secondo orientamento (cfr. Cass. Civ. 23591/13 – 28194/13 – 25811/14 – 18261/15) ad onta della non perfetta formulazione della disposizione (sic artt. 17 e 40 L. N. 47 del 1985), si evince il principio generale della nullità di carattere sostanziale degli atti di trasferimento di immobili difformi ed una nullità di carattere formale per gli atti relativi ad immobili in regola con la normativa urbanistica ove manchino le menzioni. Solo per tale seconda nullità l’atto nullo sarebbe confermabile. Quindi avremmo due differenti ipotesi si nullità.

Tale orientamento in sostanza riconducibile la nullità urbanistica al disposto dell’art. 1418 c.c. co. 1 ossia nell’ambito delle nullità c.d. virtuali.

 

Gli argomenti di Cass. Civ. 30 luglio 2018 N. 20061 nel rimettere il contrasto tra i due orientamenti alle Sezioni unite.

Il Collegio rimettente afferma che l’orientamento inaugurato dalle sentenze 23591/13 e 28194/13 merita una riconsiderazione da parte delle Sezioni Unite in quanto la tesi della nullità virtuale può risultare foriera di notevoli complicazioni nella prassi applicativa e rischia di pregiudicare in maniera significativa gli interessi della parte acquirente che si vede esposta alla perdita dell’immobile e dover recuperare il prezzo versato pure in situazioni nelle quali aveva fatto incolpevole affidamento sulla validità dell’atto.

Il Collegio va avanti nel ragionamento affermando che se la nullità deve essere in senso sostanziale, il tema da affrontare sarebbe quello dell’incommerciabilità dell’immobile e cioè bisognerebbe stabilire quale sia il concetto di difformità rilevante ai fini della sanzione di nullità, finendo così in realtà con il far dipendere la validità del contratto di trasferimento da valutazioni che se sul piano teorico possono considerarsi sufficientemente nitide, mentre nella loro applicazione in una fattispecie concreta possono implicare non pochi margini di opinabilità.

In sintesi, il Collegio rimettente afferma che non può farsi dipendere la nullità dell’atto dalla qualificazione della difformità sussistente in quanto la nozione di irregolarità urbanistica è nozione assai ampia che presenta un ventaglio esteso di articolazioni.

Ad es. secondo Cass. Civ. n. 52/10 sono irregolari e non commerciabili quei fabbricati che abbiano subito modifiche nella sagoma o nel volume rispetto a quella preesistente.

Secondo Cass. Civ. n. 11659/18 – 20258/09 – 8081/14 può essere pronunciata sentenza ex art. 2932 c.c. nel caso in cui l’immobile abbia un vizio di regolarità urbanistica non oltrepassante la soglia della parziale difformità rispetto alla concessione.

In particolare,  Cass. Civ. n. 20258/09 afferma che la ratio legis è quella di garantire che il bene nasca e si trasmetta nella contrattazione soltanto se privo di determinati caratteri di abusivismo e, richiamando Cass. Civ. n. 9647/06, stabilisce che il presupposto dell’obbligo di dichiarare in contratto gli estremi della C.E. è che tali documenti effettivamente esistano e se mancano in concreto, l’atto è nullo per aver ad oggetto immobili costruiti in maniera così diversa dalla previsione contenuta nella licenza o nella concessione da non poter essere ricondotti alla stessa. Comunque ritiene non rilevante la mera difformità parziale dell’immobile rispetto al progetto approvato con l’originaria concessione edilizia.

A tale indirizzo fanno capo le sentenze Cass. Civ. n. 23591/13- 28194/13- 8081/14 e 11659/18.

In Cass. Civ. n. 8081/14 si è valorizzata la distinzione tra l’ipotesi di difformità totale o variazione essenziale L. 47 del 1985 artt. 7 e 8 e l’ipotesi di variazione parziale e non essenziale (art. 12 L.47/85).

Secondo Cass. Civ. n. 11659/18 l’applicazione della regola della nullità come sanzione va preceduta dalla verifica della esistenza di norme che consentono alla fattispecie di sfuggire alla norma imperativa in quanto la legislazione speciale della 47/85 impone di tener conto della distinzione tra ipotesi di abuso primario (relativo a beni immobili edificati o resi abitabili in assenza di concessione e alienati in modo autonomo rispetto all’immobile principale di cui in ipotesi facevano parte) e abuso secondario (caratterizzato dalla circostanza che solo una parte di unità immobiliare già esistente abbia subito modifica o un mutamento di destinazione d’uso).

Conclusioni.

Secondo la pronuncia in esame la tesi della nullità urbanistica come “sostanziale” non è auspicabile considerato che non distingue tra le ipotesi di difformità totale o variazione essenziale e l’ipotesi di variazione parziale non essenziale, ma si limita ad enunciare il criterio di immobili non in regola con la normativa urbanistica.

In ogni caso, anche subordinare il giudizio di nullità alla verifica in concreto del tipo di irregolarità urbanistica può rivelarsi anch’esso un criterio non certo ed univoco soprattutto laddove si consideri che tale accertamento è demandato dalla legge alle amministrazioni comunali ed al giudice amministrativo ed anch’esso risente molto dei diversi orientamenti in materia.

Archivio articoli correlati